Dedicato a Raffaello Prugger
Quanto mai attuale. Le fake news dilagano e diventa sempre più difficile capire quale sia la verità.
All’epoca ero uno stagista ed il mio dirigente mi diede un compito apparentemente facile. Dovetti fare una ricerca per avvalorare alcune affermazioni in un progetto di ricerca nel settore agro-alimentare.
Internet era già l’enciclopedia più usata e così mi buttai a capofitto nella rete. In breve raccolsi un po’ di materiale utile ed esposi le conclusioni al mio dirigente. Questi fu contento del mio lavoro ma, con mio stupore, aggiunse che avrei dovuto trovare almeno altre 2 fonti autorevoli e distinte che avvalorassero ciascuna delle mie conclusioni. Fu quindi in questa seconda fase di ricerca che mi accorsi che il compito assegnatomi non era facile quanto pensassi. Molte delle fonti che trovai erano conseguenza della stessa fonte, una riscrittura dello stesso concetto. Alcune fonti, invece, non concordavano con quanto asserito e quindi dovetti capire le differenze, i punti di vista, decidere quale fosse più corretta ed eventualmente modificare le mie conclusioni e, ovviamente, ricominciare da capo. Altre fonti, infine, si rivelarono prive di contenuti rintracciabili e utili, dei meri pensieri fatti passare per dogmi universali sostenuti da prove non dimostrabili e da frasi ad effetto.
Al giorno d’oggi, con la ancor più vasta diffusione della rete, ritengo che l’insegnamento sia ancor più importante ma non più sufficiente. Per essere ragionevolmente certi di ciò che si asserisce, bisognerebbe avere almeno 4-5 fonti autorevoli e distinte, o almeno, la legge o norma di riferimento.
Alcune volte mi sono imbattuto in situazioni similari, in cui le parole non rispondono a verità o a obblighi effettivi di legge. Il caso eclatante è avvenuto quando mi hanno tacciato di interpretare un decreto legge (nello specifico il D.M. 10 marzo, 1998), quando in realtà lo stavo soltanto leggendo. La persona non si era neppure accorta che avessi in mano il D.M..
Altre volte mi arrivano richieste dai clienti preoccupati perché è stato detto loro di dover adempiere a determinati obblighi. Quando però chiedo i riferimenti di legge per quello specifico adempimento, il Datore di Lavoro né, tantomeno, il consulente che ha avanzato la richiesta, sono in grado di darmi un riferimento specifico.
Il concetto del Cross-Reference, però, si può applicare benissimo anche quando recuperiamo le informazioni per fare una valutazione dei rischi. Se ci fermiamo soltanto alle parole di una parte sola dell’azienda, ad esempio quella del Datore di Lavoro o quella del lavoratore, spesso ci perdiamo una buona fetta di informazioni che possono pregiudicare la valutazione del rischio e le misure da adottare. Questo perché è insito in ognuno di noi tirare l’acqua al proprio mulino.
Qualche tempo fa feci una valutazione preliminare dello stress lavoro correlato in una azienda. Mi sorpresi per l’enorme distanza, in termini di conoscenza delle misure in atto o in fase di realizzazione, tra il RSPP e il RLS. Molti aspetti sollevati giustamente dal RLS erano già stati affrontati e risolti con una procedura specifica. Procedura che, purtroppo, non era mai giunta in modo efficace ai lavoratori che quindi continuavano a lamentarsi per la mancanza di una soluzione al loro problema.
Redatto da Dario Roncelli
25/02/2019